Computer Valeey (La repubblica), 16 luglio 1998
Pirati per la liberta'
L'Italia degli hackers
Agli inizi di giugno si sono riuniti a Firenze centinaia di giovani per
discutere su come difendersi dalle posswibili censure su Internet, sui
diritti dei "navigatori" in rete e sulla privacy. Mille idee e corsi di
alfabetizzazione informatica.
di Alessandro Ricci
La galassia Internet sembra essere un’arena assolutamente libera, uno
spazio senza confini che esalta la manifestazione di ogni pensiero e
opinione. Reale o apparente che sia, il carattere anarchico di Internet e'
sicuramente la ragione vera del fascino della Rete. Diffidenti nei
confronti di ogni regolamentazione o potere costituito, gli hacker
(letteralmente "smanettoni", cioe' persone che sanno mettere le mani nei
programmi dei computer) di tutto il mondo si dichiarano i piu' strenui
difensori della liberta' nel mondo web. Agli inizi di giugno, per la prima
volta, la comunita' hacker italiana si e' data appuntamento off-line, allo
"Hack-it98", una tre giorni di seminari, lezioni, eventi e navigazioni.
Ospitati nei locali di una fabbrica dismessa, alla periferia meridionale di
Firenze (un’area vastissima occupata da alcuni anni da un centro sociale,
nel tentativo di ostacolare la costruzione di un mega centro commerciale)
gli hacker della penisola hanno discusso di privacy e di crittografia,
illustrato CD-Rom autoprodotti, hanno allestito un festival di Hacker-Art
e, fedeli al principio di una rete accessibile e governata da tutti
pertutti, hanno organizzato un corso di alfabetizzazione informatica. Ma
chi sono gli hacker italiani?. Ai seminari del meeting, i volti sono
giovani ma non giovanissimi, in grande maggioranza maschili, a conferma
purtroppo che anche in ambienti "alternativi al sistema", la parola
tecnologia si coniuga poco al femminile. Gli atteggiamenti, gli interventi,
il linguaggio usato, sono tipici del "hands on", letteralmente del "mettere
le mani sopra", filosofia hacker universale. Trent’anni circa, esperto di
"autodifesa digitale", Ferry Byte, i nomi d’arte sono un vezzo hacker
comune spiega: "Gli hacker non si accontentano delle indicazioni ufficiali
sull’uso delle nuove tecnologie, ma ne sperimentano un utilizzo
alternativo, mettendo a dura prova i rigidi meccanismi di un apparecchio
digitale. Un vero hacker, qualunque siano le sue competenze tecniche, e
interessato soprattutto a rivendicare il diritto alla libera espressione e
all’autogestione delle risorse in rete". Almeno un merito va riconosciuto
ai "pirati" italiani, ed e' quello di essersi resi conto, gia alla fine
degli anni ’80, cioe prima dell’esplosione di Internet e del World Wide
Web, della imminente rivoluzione operata dalla comunicazione digitale.
Molti di loro sono stati per anni sysop, amministratori volontari delle
prime comunita' di discussione virtuali, ai tempi eroici delle
pionieristiche Bbs amatoriali. Da allora lo scenario della comunicazione
digitale e' molto cambiato e molto ancora cambiera'. Ma oggi, nei seminari
organizzati nei locali del centro sociale, ci si chiede se I’avvento del
commercio telematico trasformera' Internet solo in un gigantesco ipermercato
virtuale, o se la Comunita' Europea limitera' I’uso della crittografia. E si
discute di una temuta ondata di censura a livello internazionale, si
analizzano le tecniche che dovranno assicurare la protezione della privacy
e della riservatezza nelle comunicazioni telematiche. Luc Pac, in rete da
almeno un decennio, sysop storico della Bbs torinese Zero, coautore di un
manuale di crittografia a uso e consumo del vero hacker, ricorda: "Mi sono
avvicinato alla comunicazione digitale quando ho visto la possibilita'
offerta dalle reti di mettere in contatto tra loro, a basso costo, persone
con interessi in comune". Gli hacker chiamati a raccolta da questo meeting
condividono alcuni principi di azione, in particolare una grande diffidenza
verso ogni forma di potere, politico, economico, o mass mediatico.
L’iniziativa ha infatti rifiutato qualsiasi sponsorizzazione o
finanziamento, basandosi su una organizzazione collettiva e un programma
elaborato da una discussione in rete. II desiderio comune, emerso in questa
tre giorni, e' quello di creare spazi di comunicazione assolutamente
indipendenti. Per tutta la durata della manifestazione, una stazione
televisiva "clandestina" ha trasmesso grazie a una improbabile antenna
installata sui tetti della ex-fabbrica. I fiorentini non si sono neppure
accorti del debole segnale. E’ stata un’azione di disobbedienza civile
forse illegale, ma pacifica e innocua, condivisa da tutti i partecipanti.
Non bisogna pensare pero' a Hack-it98 come al raduno di un movimento
organizzato, con principi tassativi, unita' di vedute e leader riconosciuti.
Molteplici e contraddittori sono al contrario, i riferimenti culturali e
politici, dalla letteratura cyberpunk, ben rappresentata al tavolo delle
edizioni Shake di Milano, ai testi del Subcomandante Marcos. C’e' spazio per
tutti. Leonardo Landi,"ignorante di computer" ha presentato un CD-Rom
autoprodotto con alcuni amici conosciuti in un campo per nomadi. "Le
tecnologie della comunicazione – spiega - aiutano i processi mondiali di
uniformita' e colonialismo culturale. Ma allo stesso tempo possono essere
usate per mantenere vive identita' culturali periferiche e "perdenti’.
Grazie alla videoregistrazione di una festa rituale di antica derivazione
sufi, la comunita' Rom e' riuscita a creare un documento, una sorta di
"autopubblicita'", che li aiuta a salvaguardare e mantenere coesa una
cultura discriminata. Allo stesso modo la parabola satellitare aiuta i
profughi Rom della ex-Juguslavia a conservare la propria lingua e il legame
con la terra d’origine; Internet aiutera' ben presto a creare reti di
comunicazione sotterranee e alternative al grande sistema dei media".
Chiediamo a Luc Pac se domani godremo tutti di piu' liberta'. Lui ci guarda,
sorride, e semplicemente risponde: "Domanda da un milione di dollari. Non
lo so".
Prima di reprimere impariamo a capire
"Hacker" non vuol dire "pirata informatico". In una traduzione un po’
gergale ma efficace, significa "smanettone", cioe' chi cerca di ricavare dal
computer il massimo delle sue funzionalita'. E il massimo degli spazi di
liberta'. I nostri "hacker", al di Ia' di isolati fenomeni di pirateria sono
solamente degli strenui, chiassosi, difensori del diritto di comunicazione.
Agli "hacker" italiani va riconosciuto il merito di aver individuato le
potenzialita' e i rischi per la privacy della comunicazione elettronica.
L’operazione di sequestro del sito "Isole nella Rete" e' un’operazione
politicamente e giuridicamente sbagliata. Politicamente, perche'
I’opposizione sociale e' sempre uno stimolo a comprendere gli errori di chi
governa e gestisce, giuridicamente perche' non si chiude un sito per
cancellare un messaggio. E’ troppo facile identificare nell’opposizione
sociale un "pericolo per le istituzioni". Troppo spesso, il pericolo per le
istituzioni si annida nelle istituzioni stesse, incapaci di cogliere i
cambiamenti, il futuro, le potenzialita' di crescita sociale di forme nuove
di comunicazione. L’alfabetizzazione informatica dovrebbe iniziare da chi,
prima di reprimere, ha il potere e il dovere di capire. C.G.
[ Torna da dove sei venuto ]