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A scuola di LINUX

Venerdi' 16 giugno - 1400:1600 - Cattedrale

Seminario sull'obiezione di coscienza a software chiusi (a cura di Freaknet Media Lab - Catania) con in coda la proposta dell'Osservatorio Diritti di introduzione free-software (p.e. linux) nella pubblica istruzione

Campagna per l'obiezione di coscienza del software

Un aneddoto istruttivo

Poche settimane fa alla facolta' di Informatica dell'Universita' di Catania e' successo che uno studente di secondo anno va dal professore a concordare il lavoro da portare all'esame. Si tratta di un database e il docente chiede che l'esercitazione venga svolta con Access, programma incluso nel pacchetto Office della Microsoft, in grado di funzionare solo sui sistemi operativi Windows della stessa Microsoft. Allora lo studente fa presente al professore che non ha Windows sul computer e, soprattutto, che non ha alcuna intenzione di installarlo. Dice anche che sul suo computer c'e' Linux (il sistema operativo "free" e a "sorgente aperto"), che su questo funziona MySql (un gestore di database, anch'esso "free" e a "sorgente aperto") e che e' dispostissimo a fare il tutto con questi strumenti.
Il professore tergiversa, non e' convinto e insiste: "e' roba da terzo o forse quarto anno... Meglio che lo fai con Access". Ma lo studente e' fermo sulla propria posizione di sviluppare il compito solo con il Free Software. Alla fine a cedere e' il docente.

L'Universita' e il software

Spesso nei corsi di laurea di Informatica, Scienze dell'informazione, Ingegneria elettronica e Ingegneria informatica si costringono gli studenti a usare software commerciali e chiusi.
Cio' ha almeno quattro effetti:

  1. Ogni studente deve acquistare le licenze d'uso del software prescelto dal professore. Cio' significa, nel caso preso in esempio (che e' anche un caso molto comune), 100 euro per il sistema operativo piu' economico della serie Windows (il 98) e circa 650 per il pacchetto Office nella versione che include anche il gestore di database (cioe' Access). Se lo studente intende fare a meno delle licenze d'uso viene automaticamente ricacciato nell'area grigia della pirateria del software e minacciato di arresto dalle campagne dai toni terroristici della BSA (Business Software Alliance, il braccio lobbistico della Microsoft). In paesi come l'Italia, dove la BSA e' riuscita a imporre una legislazione estremamente repressiva, i guai con la giustizia penale sono un rischio effettivo.
  2. Gli studenti che usano sistemi operativi la cui costruzione e' coperta dal segreto industriale non hanno modo di sapere esattamente come il sistema operativo stesso funzioni. La Microsoft, per esempio, non ha mai fatto vedere il codice con cui ha realizzato Windows ne' il codice scritto per gli applicativi. In piu' la licenza d'uso vieta espressamente il "reverse engineering", cioe' la tecnica con la quale e' possibile analizzare un programma a partire dalla sua versione gia' compilata (l'eseguibile che viene distribuito). Paradossalmente uno studente che abbia avuto esperienza solo su questo tipo di ambiente operativo puo' laurearsi in informatica senza conoscere quali compiti debba assolvere un computer per funzionare correttamente. L'universita', incoraggiando l'uso di prodotti con queste caratteristiche, abdica dal suo ruolo formativo e di ricerca.
  3. Denaro pubblico e tasse degli studenti sono sperperati nell'acquisto delle licenze d'uso di software commerciale. Le risorse (spesso gia' scarse negli atenei dell'Europa meridionale) vengono cosi' impiegate per fare arricchire sempre di piu' i soliti noti.
  4. Quando un laureato (non) formato sull'utilizzo di software Microsoft (o di qualche altro solito noto) andra' a lavorare, proporra' l'impiego dello stesso tipo di sistema operativo e di applicativi. Cioe' l'acquisto di nuove licenze dalle maggiori software house, contribuendo cosi' alla sempre maggiore potenza economica e influenza politica di queste.

L'importanza di esser aperti

Non tutte le grandi case di software operano con la stessa politica. Per esempio la Sun mette a disposizione per uso personale o didattico i sorgenti del sistema operativo Solaris (formalmente gratis, ma chiedendo di fatto 75 dollari). Quindi uno studente che opera su questo sistema, seppure soggetto ad alcune limitazioni imposte dalla casa madre, ha la possibilita' di capire effettivamente "come stanno le cose" (ed eventualmente di modificarle per il proprio studio). Aziende come la Microsoft tengono invece il piu' stretto riserbo sul codice sorgente. e' innegabile che i prodotti Microsoft abbiano un'ampia diffusione anche nel mondo della produzione e dei servizi (industrie, aziende varie, enti pubblici, ecc.) per cui e' giusto che gli studenti e i laureati li conoscano. e' sbagliato pero' considerarli come gli unici strumenti da utilizzare.
Non si puo' non tenere conto che dalla meta' degli anni novanta, grazie alla facilita' dell'accesso a Internet, la comunita' dei programmatori ha rivitalizzato l'idea del Free Software e ha sviluppato migliaia di progetti secondo la licenza GNU/GPL. Per capire l'importanza che oggi ha assunto il software cosi' concepito basta pensare all'enorme diffusione di Linux, progetto GNU/GPL per eccellenza.
Solitamente questi progetti sono portati avanti da gruppi di programmatori che possono anche risiedere in aree geografiche lontanissime tra loro. Chi partecipa si scambia i sorgenti (cioe' il codice con cui si realizza il programma) con il resto del team attraverso la rete. Alla fine del lavoro questi sorgenti non rimangono chiusi, ma vengono distribuiti assieme al programma stesso. Talvolta sono solo i sorgenti a essere distribuiti, permettendo cosi' all'utilizzatore di controllare per bene cosa sta per essere compilato e fatto funzionare sul proprio computer.
In questo modo si e' venuta a creare una vasta rete di solidarieta' e di conoscenza. Ogni giovane programmatore ha la possibilita' di poter esaminare le tecniche utilizzate dai piu' esperti. Questo da un lato costituisce l'opportunita' di una crescita professionale per migliaia di giovani e dall'altro ricrea lo spirito originario della comunita' dei programmatori, un po' come una enorme Berkeley degli anni settanta, un luogo dove ogni tipo di conoscenza scientifica veniva condivisa e utilizzata da tutti. Al di la' dei discorsi dal sapore idealistico, oggi giganti del calibro della Ibm, della HP, della Compaq, solo per citarne alcuni, stanno investendo ingenti risorse economiche nello sviluppo di software di questa concezione.

Il ritardo europeo

In effetti la nuova politica delle grandi case di software (Microsoft esclusa) sembra profondamente diversa da quella cominciata alla fine degli anni settanta. A quel tempo le software house iniziarono negli Stati Uniti a porre sotto brevetto le tecniche di programmazione, talvolta anche tecniche non "proprietarie" ma ampiamente conosciute e utilizzate dai comuni programmatori. Il brevetto americano tutela l'"invenzione" per diciassette anni: un periodo spropositato di fronte alla rapida evoluzione dell'informatica. L'effetto dei brevetti nella programmazione e' stato deleterio perche' ha sia impedito il libero sviluppo della programmazione indipendente, sia messo in difficolta' i "piccoli" programmatori che spesso si sono visti citare in tribunale dai titolari dei brevetti sulle tecniche che avevano utilizzato (spesso perche' semplicemente "riscoperte"). Proprio mentre la pratica di brevettare ogni semplice algoritmo cominciava a entrare in crisi negli USA, l'Unione ha approvato una legge che istituisce il brevetto europeo sul software. Di fatto un'operazione considerabile ormai in controtendenza storica, seppure ancora dannosa, perche' pone un limite grave allo sviluppo della tecnica e quindi alla qualita' della vita.

Il diritto all'obiezione

Sosteniamo, quindi, che ogni studente dei corsi di laurea che hanno direttamente a che fare con la Computer Science, cioe' Informatica, Scienze dell'informazione, Ingegneria elettronica e Ingegneria informatica, possa obiettare davanti all'obbligo di sprecare tempo e denaro (soldi che come abbiamo visto servono ad alimentare un apparato repressivo e liberticida) su sistemi operativi e applicazioni che non contribuiscono di fatto all'arricchimento della conoscenza nel campo dell'informatica "seria". Chi decide di seguire un corso universitario ha il diritto di ricevere un'istruzione adeguata al livello scientifico e chi insegna ha il dovere di fornirla. Se questi non ne e' in grado, non deve penalizzare lo studente portandolo dopo quattro o cinque anni di lezioni universitarie a un livello concettuale non dissimile da quello di una moderna segretaria d'azienda. Per queste ragioni lanciamo una campagna di disobbedienza civile con la forma dell'obiezione di coscienza all'uso del software "proprietario" a sorgente chiuso.

 

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In calce alla proposta "Campagna per l'obiezione di coscienza del software" che riportiamo piu' avanti proponimao come osservatorio un'iniziativa all'interno dell'hackmeeting con lo scopo di diffondere linux e la filosofia-risorsa del free-software nella pubblica istruzione italiana

In occasione del prossimo hackit il progetto Osservatorio Diritti organizza una giornata di discussione sull'opportunita' di introdurre risorse open-source e free-software quali linux nella pubblica istruzione

Particolare attenzione viene posta nella necessita' di introdurre strutture e politiche di formazione basate su piattaforme free-software quali appunto linux per motivi di opportunita' economica ma soprattutto per permettere alle nuove generazioni di non perdere l'opportunita' di conoscere un ambiente operativo che e' universalmente riconosciuto per la sua filosofia di funzionamento come il linguaggio informatico piu' affidabile, versatile e sicuro

I vari accordi esistenti fra i vari ministeri (non ultimo quello della pubblica istruzione) e case software proprietarie (windows, ecc.) prevedono una distribuzione a cascata sulla pubblica amministrazione che da un lato prefigura un rapporto di dipendenza estrema in termini di know-how dalle case produttrici e distributrici di software e dall'altro spesso e volentieri sono sovradimensionate rispetto al reale utilizzo di questi strumenti

Quante sono ad esempio le licenze di sviluppo cosi' generosamente concordate con le software house che si trovano all'interno delle scuole (che pure in virtu' dell'autonomia dovrebbero avere un occhio di riguardo ad esigenze di risparmi economici) quando spesso e volentieri il corpo insegnante non e' in grado di gestire nemmeno le piu' semplici licenze end user?

Perche' non e' mai stato preso seriamente in considerazione di adottare software open source e free software quale e' linux all'interno delle scuole pubbliche quando anche solo in termini di sicurezza (eppure e' una argomento di moda di questi tempi...) rappresenta se ben gestito una risorsa economicamente valida e tecnicamente efficace?

Esiste un mondo intero di associazionismo rappresentato dai cossiddetti l.u.g. (linux user groups) ed hacklabs che invitiamo sin da ora ufficilamente a partecipare a questa iniziativa che potrebbe essere coinvolto in un'opera di colonizzazione della pubblica istruzione con risorse e competenze basate su risorse open-source e free-software

Ecco perche ' la necessita' introdurre di politiche di formazione su ambienti operativi quali linux nelle scuole al fine di realmente mettere a disposizione della cittadinanza tutta le competenze necessarie per affrontare la cosiddetta societa' dell'informazione e non solo a parole (e mai nei fatti) come spesso viene strumentalmente sbandierato ai quattro venti dai politicanti di turno

Nella nostra proposta e' anche insita la volonta' di dare credito a una economia nascente di tipo orizzontale costitutita da tutta quelle miriadi di persone esperte in rete che potrebbero essere attivate per installare, assistere e formare hardware, software e human-ware nella pubblica istruzione (corpo docente e studenti insieme) e paralellamente ricondurre alla calma un mercato verticistico costituito dal monopolio delle software house che oltre a imporre un tipo di sapere poco trasmissibile e riproducibile impongono in piu' un dazio non piu' giustificabile e rappresentato dal costo delle licenze software che nel caso di introdurre una politica di introduzione di risorse free software nella pubblica istruzione semplicemente non potrebbe esistere

Ci rendiamo conto di non tirare fuori niente di nuovo, gia' significative giornate di studio sono state svolte in passato, sul free software e sull'open-source il dibattito e' molto sviluppato in rete ed esistono gia' proposte simile alla nostra come quella di Di Meo che si spera possa partecipare a questa giornata, il mondo dell'associazionismo ma anche della piccola impresa si e' interrogato spesso su come cercare di ottimizzare le risorse software nella pubblica istruzione http://www.aniene.net/virtual

Ci rivolgiamo anche a quei settori dell'autorganizzazione come gilda e cobas che potrebbero forse fare da cerniera fra noi e le istituzioni referenti

Vogliamo cercare di dare fiato e gambe a tutte quelle proposte che si muovono nel senso di veicolare risorse e conoscenze free-software nella p.a. e in particolare nella pubblica istruzione non solo per risparmiare un po' di soldi comunque "nostri" ma soprattutto per dare credito a una nuova forma di economia diffusa e rivendicare il diritto a confrontarsi con un tipo di sapere sul quale e' possibile metterci le mani sopra, hacking docet... ;-)

 

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